IV Domenica di Quaresima 2013 – breve commento

Figlio prodigo

LITURGIA DELLA PAROLA

Seconda Lettura  2 Cor 5,17-21

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove.

Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione.

In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio.

Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio.

se uno è in Cristo, è una nuova creatura… cosa vuol dire essere in Cristo? Comportarsi bene? Non dire parolacce? Non calunniare? Aderire alle sue indicazioni? Seguire le leggi della Chiesa? Mi sembra un po’ riduttivo. Non penso che essere di Cristo voglia dire “fare o non fare” delle cose o semplicemente aderire ad una ideologia. Essere in Cristo penso che voglia dire avere uno spirito nuovo con cui vivere la quotidianità, avere uno sguardo che vada oltre la miseria umana affinché la nostra creaturalità possa essere divinizzata. Siamo troppo ancorati a dei preconcetti a delle limitazioni che imponiamo a noi e agli altri. Essere in Lui vuol dire essere liberi di amare, di accogliere, di parlare, di sorridere. Questa è la nostra fede …

In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio… essere nuove creature ci investe di un ruolo splendido: essere suoi ambasciatori, portatori di speranza, della buona novella, di tutto ciò che c’è di bello nella vita umana e spirituale. Ecco perché dobbiamo mettere da parte le cose vecchie, i musi lunghi, le negatività, le parole cattive, diventiamo collaboratori di Gesù. La nostra esortazione deve essere quella descritta da Paolo: dobbiamo invitare le persone a lasciarsi riconciliare con Gesù. Solo abbracciando la sua esistenza, la sua morte e risurrezione, possiamo far morire l’uomo vecchio e far sorgere l’uomo nuovo. Solo passando attraverso di Lui in noi può nascere questa trasformazione, altrimenti, anche i migliori propositi, rimangono parole al vento. La sua Parola diventa il nostro lavacro spirituale.

Vangelo  Lc 15,1-3.11-32

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».

Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

 

Forse è uno dei brani più conosciuti nella storia della Chiesa. Lo si commenta sotto varie prospettive cercando di evidenziare ciò che più è aderente al contesto in cui si vive. Il che non vuol dire sfruttare la Parola per i propri interessi, ma presentare le Parole di Gesù in base a coloro che ascoltano il brano evangelico.

Mi colpisce molto la figura dei servi … ci sono quelli che cercano di ascoltare la voce del Padre e svolgono al meglio il loro compito anche contro le loro idee. Immagino il servo che ha dovuto uccidere il vitello o che ha portato i sandali e l’anello al figlio piccolo. Magari non riteneva opportuno questo gesto da parte del Padre ma lo ha vissuto perché si fidava del suo padrone. Decidere se perseverare con le proprie idee o rinascere a vita nuova con Gesù è la sintesi della lotta per il buon combattimento della fede.

Abbiamo anche i servi pettegoli che non perdono tempo a dire al fratello maggiore ciò che stava accadendo. Tante volte nel parlare non capiamo che possiamo fare il bene o il male degli altri. Penso sempre che quel servo poteva mediare l’accaduto … poteva renderlo più docile. Quante bene avrebbe fatto alla dinamica famigliare la figura del mediatore. Che tristezza.

Coraggio servi decidiamo da quale parte stare. Da quella del bene o da quella del male?

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